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Il seme fecondo di una grande storia


LE STREGHE DI LENZAVACCHE

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Simona Lo Iacono

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E/O, 2016

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Pag. 151

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Letto perché: consigliato da amica e trama interessante

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“Una frotta di donne sole, rese audaci dalla povertà e dalla sfortuna, su cui svolavano tordi che starnazzavano riempiendo l’aria di richieste, un urlo senza nome, a cui nessuno prestava orecchio.

In quella donna mille altre donne dormivano e si flettevano, ridevano e piangevano, nascevano e morivano”.

L’amore materno, la cultura, i libri, la fantasia e l’esaltazione dell’individualità contro ogni forma di discriminazione: è qui il punto di forza di questo piccolo libro. Che quindi consiglio, nonostante un'ultima parte poco convincente, a mio parere – pagine forse troppo didascaliche che, in mano a uno scrittore di razza come il compianto Sebastiano Vassalli, per esempio, avrebbero potuto costituire il seme fecondo di una grande storia ambientata nel ‘600. Ma questo è giudizio puramente personale figlio dell’amore per quella famiglia letteraria di cui lo stesso Vassalli rappresenta un caposaldo.

Chi ama le piccole storie, invece, si imbatterà in una vicenda antica, radicata nel profondo Sud del paese, fatta di superstizioni e riti magici, spiriti evocati e presenze, leggende e streghe, credenze familiari a chi, ancora oggi, serba viva la memoria degli avi.

E la vicenda antica si fa attuale in quanto atto d’amore senza tempo nei confronti della “diversità”.

La scrittura dell’autrice è precisa e poetica, senza sbavature. Tratteggia personaggi riusciti e ben caratterizzati: Felice e la sua perfezione che, somma delle sue imperfezioni, sorprenderà il lettore e lo commuoverà; il professor Mancuso, che se ne fotte delle direttive fasciste; Tilde e i suoi riti magici; il dottore Mussumeli e le sue stravaganze.

E Rosalba, quella donna in cui mille altre donne dormono e si flettono, ridono e piangono, nascono e muoiono.

Vivono e vivranno.

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