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Diffido di chi dice di scrivere ogni giorno, perché il miracolo non può avvenire ogni giorno.


VITE MINUSCOLE

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Pierre Michon

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Adelphi, 2016, 2015

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Anno prima pubblicazione: 1984, Francia

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Pag. 204

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Spesso, negli ultimi due anni, parlando di Non è adesso nei tanti incontri con i lettori, mi è capitato di affermare con convinzione che "ogni vita è degna di essere raccontata". Anche quella apparentemente più insignificante, quella "più normale", quella minuscola. In ognuna di esse si cela un frammento di mondo, un tesoro universale da svelare, da condividere - al di là dell'odiosa e orripilante connotazione facebookiana del termine.

Il problema, semmai, trattandosi di libri da dare in pasto a potenziali lettori - che dovranno dedicare tempo e abnegazione alle pagine - è assicurare a tali vite una dignità letteraria per cui valga la pena di leggerne. E' la discriminante tra una vita da postare su facebook e una vita da sfogliare su pagina, tra un libro inutile e un buon libro. Tra un best-seller da autogrill e un capolavoro, come nel caso del romanzo d'esordio di Michon, che finalmente arriva in Italia a trentadue anni dalla pubblicazione in Francia, dove l'autore è un mito letterario vivente e Vite minuscole una delle migliori opere degli ultimi cinquant'anni.

Il "romanzo" è costituito da otto piccole biografie romanzate che insieme compongono una sorta di autobiografia dell'autore. Con continui riferimenti letterari e pittorici, la scrittura di Michon è alta, funambolica, elaborata, intensa, poetica, ma anche realistica.

L'autore, senza dare respiro al lettore, rievoca l'universo contadino e popolare in cui è cresciuto, riscattandolo dall'oblio attraverso la letteratura ed elevandolo, senza però alterarne le forme originarie, che restano pure e ricche delle loro terribili imperfezioni.

E' la lingua, ricercata e puntuale, a fare giustizia, a restituire grazia a ciò che grazia sembra non avere.

Così come l'autore si è emancipato dall'universo di cui narra mediante la cultura e l'atto della scrittura, allo stesso modo i personaggi raccontati, anche i più derelitti, assumono dignità grazie al miracolo della parola che prende forma. E' così che la letteratura diventa monumento alla vita, all'esistenza, qualunque essa sia. Tempio di dolore e di gioia. Mausoleo di ogni orrore, ma anche cornice preziosa di ricordi minuscoli, tela su cui la memoria è in grado, disegnandoli sin nei minimi particolari, di riscattare rimpianti e rimorsi, sconfitte e perdite, rinunce e cadute. Assenze.

Sono vari i punti di incontro con Non è adesso e con il mio modo di intendere la scrittura, la letteratura, il processo creativo. Ma non è per questo che consiglio di leggere Michon. Lo faccio perché siamo davanti a uno scrittore superbo e alla punta massima della sua ristretta produzione letteraria (una mezza dozzina di scritti in trent'anni).

La scrittura per Michon è un atto di fede, una battaglia continua con se stessi e con i propri dubbi. Un piccolo miracolo che accade ogni tanto, forse troppo raramente. E io diffido degli scrittori che hanno sempre e continuamente qualcosa da scrivere, e concordo col giudizio di Michon. Diffido degli scrittori bulimici da 3-4 libri l'anno, e anche da quelli da un libro ogni anno. Diffido di chi dice di scrivere ogni giorno, perché il miracolo non può avvenire ogni giorno, se non su facebook o su twitter, ma qui si scivola nel futile, nel ridicolo, nel miracolo dell'imbecillità.

La scrittura è un'altra cosa, e questo libro ne è la conferma.


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